L’ingresso sul mercato delle e-cigarette di PMI con uno dei suoi brand più conosciuti nel mondo non è infatti incentrato su un prodotto simile alle altre sigarette elettroniche già disponibili: le HeatSticks non utilizzano infatti nicotina liquida, ma vero tabacco riscaldato fino a 350°C per ottenere un vapore alla nicotina.
Questo processo avviene all’interno di un dispositivo chiamato iQOS (chissà cosa ne pensa Apple di questo nome) che si può ricaricare come uno smartphone, grazie ad un cavetto USB. L’azienda sta puntando molto sulla diversa tecnologia della sua e-cigarette nel tentativo di mantenere i suoi clienti, che sempre più si stanno allontanando dalle tradizionali sigarette.
Secondo i dati del Center for Disease Control and Prevention nei soli Stati Uniti ogni anno circa la metà dei 42 milioni di fumatori adulti cerca di smettere di fumare, e sempre di più sono quelli che si affidano alle sigarette elettroniche per tentare di ridurre i danni causati dal fumo.
Philip Morris ha speso circa 10 miliardi di dollari nell’ultimo decennio nello sviluppo di prodotti come HeatSticks ed iQOS, ed ora la società spera di raccogliere i frutti di questo lavoro, nella forma di un profitto di 700 milioni di dollari quando le vendite raggiungeranno i 30 miliardi di unità.